Gennaio 2 2015

5 ragioni per unirsi allo Stato Islamico

Mi sono sempre chiesta quali ragioni potessero spingere le persone ad unirsi allo Stato Islamico. Motivazioni che non includessero la teologia; quale potesse essere la scintilla che scatena l’ “attrazione fatale”. Ho provato a riassumerli in cinque punti. Ho scelto le motivazioni razionali per cui non troverete argomentazioni di tipo filosofico/psicologico per cui un giovane inglese piuttosto che norvegese si unisce alla causa dello Stato Islamico. Qui si prende in considerazione la popolazione araba nel suo complesso, che è la fetta più consistente di appartenenti all’organizzazione.

1) Il sistema educativo arabo ha fallito. Invece che su talenti analitici vitali o su valori civili, le scuole hanno posto l’accento sulla acritica accettazione dell’autorità con un sistema di apprendimento molto basico. Curricula storici e religiosi hanno dato impulso e diffusione alla mentalità “noi- contro – voi” lungo linee etniche, ideologiche e settarie, rendendo i giovani vulnerabili alle influenze esterne. Tutto ciò ha contribuito alla trasformazione del panorama culturale delle città arabe, facilitando la diffusione delle ideologie militanti e del precoce indottrinamento della parte della popolazione più giovane.

2) La mancanza di opportunità economiche e un indebolimento del sistema del cosiddetto “welfare”, hanno spinto i cittadini a rivolgersi altrove. La liberalizzazione economica degli stati arabi ha minato i sistemi di welfare esistenti, rimosso le garanzie di pubblico impiego senza produrre alternative. I governi arabi non hanno promosso investimenti in settori produttivi e le loro economie non hanno generato il numero o la quantità di lavoro necessaria. Conseguentemente le  economie informali sono cresciute esponenzialmente. Per fare un esempio: il 33% dell’attività economica in Marocco e il 40% del Prodotto Interno Lordo in Egitto vengono dall’economia informale, lasciando molti senza accesso ad alcuna forma di sicurezza sociale. Questo è catastrofico per una regione dove uno su cinque in età compresa tra i 15 e 24 anni è al momento disoccupato, molti con un alto livello di educazione. Questa realtà ha forzato i cittadini arabi a rivolgersi ad altre entità – spesso islamiste – per la sopravvivenza. Governi hanno incoraggiato anche gruppi ultra – conservatori a fornire assistenza sociale, perché percepiti come a – politici e quindi con le loro regole, indipendenti da quelle governative. Ora, alcuni di questi gruppi reclutano attivamente i giovani arabi per conto dello Stato Islamico.

3) La cattiva amministrazione della cosa pubblica ha creato un senso molto concreto di ingiustizia. Il sistematico maltrattamento di cittadini arabi per mano degli stessi governi ha alimentato questo processo.

4) La risposta alla cosiddetta “Primavera Araba” (giusto due parole su questo termine, in inglese si parla di Arab Awakening, quest’ultimo termine in italiano si traduce con “risveglio” che ha un senso appropriato per indicare il risveglio appunto, di cittadini vittime di soprusi e di cattiva amministrazione da parte di governi che si muovevano tra l’autoritario e il dittatoriale. In italiano invece è stato tradotto con “primavera”. Posso mettermi a pensare che in fin dei conti è la stessa cosa, ma è in fin dei conti e non il suo significato. In Italia è sempre così, si traducono i titoli dei film nel 2015 quando tutti sanno l’inglese, dandogli però un nuovo nome, oppure entrano nel linguaggio corrente parole inglesi pronunciate in una strana lingua sconosciuta ai più), ha reso la situazione peggiore. La brutale stretta alle rivoluzioni con una sfumatura settaria o ideologica ha soltanto esacerbato il malcontento della società. Ha alimentato la polarizzazione della società e le tensioni settarie. Molti governi arabi hanno a lungo usato il settarismo come uno strumento per consolidare il potere politico attraverso la ripetuta marginalizzazione di gruppi etnici o religiosi dal processo politico. Questo è facilmente visibile in conflitti come quello siriano, in Iraq e nello Yemen.

5) Non c’è fiducia nell’Occidente. Lo Stato Islamico sta diffondendo il modello narrativo del “doppio standard” della comunità internazionale e delle potenze occidentali. Mentre l’occidente e i suoi eserciti intervengono in Iraq, in Libia, nello Yemen, hanno fallito nel sostegno della rivoluzione civile in Siria e nella democrazia in Egitto. Questo lascia al Califfato islamico, una provata forza sul campo, sembrando una valida alternativa per raggiungere e stringere a se gli arabi e i mussulmani.

 

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Pubblicato Gennaio 2, 2015 da barbarafaccenda nella categoria "Medio Oriente", "politica internazionale

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Esperto politica internazionale

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