Giovani smarriti: il prodotto dei conflitti protratti
Ad oggi l’unico tema che sembra essere rilevante è il flusso migratorio dal Nord Africa e dal Medio Oriente verso l’Europa.
Chiariamo subito un punto: nell’ambiente di sicurezza contemporaneo, un accordo di pace ovvero la rimozione di un dittatore non rappresenta più la fine di un conflitto, ma solo il suo spostamento verso una forma differente.
La violenza protratta, particolarmente nelle dittature, sfregia profondamente una società: collassano i sistemi esistenti di autorità e ordine. Reti grigie ed economie occulte si fondono mano a mano che il disordine politico e il crimine emergono. Gli equilibri psicologici ed etici si indeboliscono e cedono. Regna l’anomia.
Per i combattenti e le loro vittime, lo spargimento di sangue diventa normale. Molte persone acquisiscono le abilità necessarie per uccidere, imparando come ottenere ed utilizzare armi, esplosivi.
La violenza diventa radicata: i bambini conoscono talmente tante persone violente che semplicemente assumono che anche loro lo diventeranno.
In un conflitto protratto, questa tragica situazione diventa auto-perpetuante, creando una generazione che non è istruita o che lo è molto poco, profondamente diffidente dell’autorità e abituata a reti ed economie grigie.
Per questa gioventù, la violenza non è un’aberrazione che interrompe la pace, ma la prassi, la consuetudine.
La storia recente è piena di esempi della nocività di generazioni smarrite.
Il Kosovo deve ancora ottenere la stabilità politica e, dopo molti anni dalla fine della guerra, è pieno di gruppi criminali.
Nel mondo interconnesso di oggi questi mali si diffondano anche molto lontano dalla loro fonte.
I gruppi criminali albanesi sono cresciuti nelle guerre dei Balcani degli anni ’90 e adesso giocano un ruolo centrale, e violento, nel traffico internazionale di armi, di droghe e prostituzione.
Nel Sud Africa, decadi di conflitti tra i cittadini di colore e il regime della minoranza bianca hanno distrutto il rispetto della legge in grandi parti della società e prodotto centinaia di migliaia di uomini e donne senza istruzione.
Il rallentamento dello sviluppo economico e l’instabilità politica del Sud Africa, che hanno portato all’esodo di professionisti in cerca di uno stile di vita più sicuro, è il costo di un conflitto che sembrava concluso e che il Sud Africa continua a pagare.
In questo momento, ora, siamo di fronte a giovani smarriti; prodotti dai conflitti in Libia e Siria.
In Libia, la caduta di una dittatura patologica non ha dato vita alla riconciliazione e alla ripresa, ma ad una violenza intestina paralizzante. Il governo di unità nazionale fortemente voluto dall’esterno, da Europa e Stati Uniti, non ha il pieno controllo del territorio e delle regole di legge, anzi milizie e gruppi violenti continuano a riempire il vuoto di effettività.
Se possibile la Siria è in una situazione peggiore: più di 4 milioni di cittadini siriani sono rifugiati: “la più grande popolazione di rifugiati di un singolo conflitto in una generazione”, l’ha definita l’UNHCR.
Sia la Libia che la Siria hanno raggiunto un punto dove anche un accordo politico miracoloso non potrà guarire l’acredine.
La frattura dell’autorità, la normalizzazione della violenza, la creazione di reti grigie e l’inabilità di molti giovani siriani e libici di operare in un’economia stabile e moderna, lasceranno questi giovani smarriti con poche opzioni rispetto al crimine o al diventare essi stessi Signori della guerra. Saranno vulnerabili agli estremisti che gli offriranno falsi rimedi alla loro rabbia e disillusione. Come risultato, saranno una sfida di lungo termine non solo per le loro nazioni o le loro Regioni, ma per il mondo interconnesso.
Il prezzo dei conflitti libico e siriano sarà pagato per decadi.
Tragicamente, niente può prevenire completamente ciò, il danno è già fatto. Al meglio, l’Europa e altre nazioni possono sanare alcune porzioni delle generazioni smarrite della Libia e della Siria.
Individuare una via per porre fine ai conflitti che stanno distruggendo le loro terre dovrebbe essere la priorità numero uno della comunità internazionale. Investire in programmi di state-building in Libia, allontanare queste generazioni smarrite dalla violenza attraverso assistenza economica mirata, programmi efficaci, istruzione e aiuto psicologico. Questo dovrebbe essere quello che i leader politici ritengono che sia non solo eticamente giusto, ma l’unico investimento necessario in sicurezza.