Gennaio 8 2025

Siria dopo Assad

Siria dopo la caduta di Assad: il ruolo dell’Iran, di Israele e della Cina

La circostanza per cui gli Stati Uniti non stanno giocando un ruolo significativo nella gestione della crisi in Siria sottolinea come la capacità di Washington di plasmare i risultati nella Regione si sia erosa. Washington non ha influenza su nessuna delle due parti per il trasferimento dei poteri a Damasco. Ma la risposta immediata dell’amministrazione Biden – avvertendo ripetutamente HTS (Hayat Tahrir al – Sham) attraverso gli intermediari russi di non allearsi con lo Stato islamico (aspro rivale del gruppo) – ci suggerisce che è fuori dal contesto sul terreno.

La diminuzione dell’influenza degli Stati Uniti è sia un sintomo che una causa della più ampia erosione del sistema multilaterale. La guerra civile siriana era una delle maggiori crisi che ha condotto all’espandersi dello scontro tra la Russia e gli Stati Uniti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con la conseguenza di una paralisi che ha condotto al declino del Consiglio di Sicurezza come un forum efficace di gestione delle crisi. Ora, la posizione delle Nazioni Unite gioca un ruolo piccolo nella transizione del potere in Siria, una perdita non solo per la diplomazia americana ma per il multilateralismo nel suo complesso.

Cina

La quasi completa assenza di Pechino in questa situazione è degna di nota. La Cina si è dimostrata chiaramente come un rivale economico degli Stati Uniti e come la potenza di sicurezza nell’Est asiatico, ma malgrado i recenti sforzi per ottenere influenza nella regione, il suo peso diplomatico è ancora molto lontano dalle altre potenze sia nel Medio Oriente che a livello globale.

Siria: una porta aperta all’interferenza di potenze confinanti e regionali

A causa della lunghezza della guerra e degli interventi estensivi di potenze estere, questo conflitto sembrava essere un’altra delle “guerre perpetue”.

La tempistica dell’offensiva di HTS ci mostra una caratteristica più generale delle guerre nel mondo: sono interconnesse. Esse sono un prodotto della multipolarità, dal momento che grandi e medie potenze crescono e declinano cercando di guadagnare uno status e di affermare controllo sulle loro rispettive Regioni.

Nel caso della guerra in Siria, le inteconnessioni sono molto più dirette, dal momento che i due sostenitori esterni chiave del regime di Assad: la Russia e l’Iran, sono impigliati in altre guerre; le risorse dell’apparato militare russo stremate dalla guerra in Ucraina, l’Iran indebolito dal conflitto multifronte nello scontro con Israele.

La natura complessa ed interconnessa delle guerre in corso nel mondo è mostrata dalla parternership tra l’Iran e la Russia che ha visto Teheran sostenere gli sforzi di Mosca in Ucraina attraverso forniture di droni e missili, alleanza che è un prodotto della guerra in Siria.

La lezione che ci offre la Siria è che raramente le guerre si svolgono ed evolvono in isolamento, e ciò che accade in una può avere conseguenze per l’altra.

Israele

Sebbene sia presto per dire quale direzione prenderà la Siria, sembra più probabile che la caduta del regime di Assad sia una svolta positiva netta per Israele.

Questo perchè la più grande preoccupazione di sicurezza di Israele deriva dall’Iran e la caduta di Assad – combinata con la devastazione che Israele ha inflitto su Hezbollah, uno dei clienti più potenti di Teheran, ha disfatto la strategia iraniana di accerchiamento.

Non sono del tutto chiare le visioni del leader di HTS circa Israele. Vale la pena notare che il suo nom de guerre vuol dire Golan, la regione montuosa che segna la frontiera tra Siria ed Israele da cui la sua famiglia è stata dislocata quando fu conquistata da Israele nella guerra del 1967. Dopo che Israele si difende da un attacco a sorpresa da parte della Siria e dell’Egitto nel 1973, l’accordo di disingaggio
“Syrian-Israeli Disengagement Agreement” firmato a Ginevra il 31 Maggio 1974, che pone fine ai combattimenti stabilisce una zona cuscinetto demilitarizzata accanto al territorio occupato da Israele – che Israele annette nel 1981 – dalla parte siriana della frontiera.
Questo accordo era in essere fino a quando, dopo poche dalla comparsa di Jolani nell’antica moschea Ummayad a Damasco per dichiarare la vittoria su Assad, le forze israeliane si muovono lungo la frontiera prendendo la buffer zone (zona cuscinetto) nella parte siriana. Netanyahu chiama l’avanzata una “posizione difensiva temporanea” volta a proteggere la sicurezza di Israele mentre gli eventi in Siria si dipanano.
Israele quindi lancia una serie di bombardamenti sui depositi siriani di armi chimiche e di munizioni, distruggendo molto dell’infrastruttura militare del regime del deposto Assad.
L’affermazione di Jolani di sostenere il pluralismo in un Paese diviso tra sunniti, sciiti, alawiti, curdi, cristiani, ismaeliti, è vista con una certa misura di scetticismo. Per molti anni il suo gruppo ha controllato Idlib. Il suo governo è stato decisamente autoritario, attraverso la legge Sharia. Pur non contenendo la brutalità del governo del gruppo Stato Islamico, non sappiamo ancora se il suo approccio conciliatore sia una facciata tattica o una genuina conversione al pluralismo.
In ogni caso Jolani e i siriani saranno impegnati a ricostruire il Paese se riescono a mantenere il controllo e qualora non dovessero saranno impegnati a combattere le milizie rivali. Combattere Israele, se fosse un obiettivo, sarebbe presumibilmente in un punto più basso della loro agenda.
Per Israele il collasso del regime di Assad crea altre preoccupazioni. HTS ha beneficiato del supporto indiretto della Turchia. Attraverso il sostegno di Ankara ai diversi gruppi ribelli incluso la coalizione che ha preso Damasco, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan è diventato uno dei più diretti critici di Israele nella Regione, in aggiunta ad aver ospitato diversi leader di Hamas in esilio. La caduta di Assad e la progressiva affermazione di HTS come più potente giocatore in Siria, crea il potenziale per Erdogan di diventare una figura influente a Damasco.
Preoccupante per Israele è anche il potenziale rischio che la Siria potrebbe creare alla stabilità della Giordania. Gli attivisti della Fratellanza musulmana in Giordania potrebbero essere incoraggiati dal successo dei jihadisti sunniti in Siria, e se i gruppi rivali sfidano il dominio di HTS, l’instabilità potrebbe colpire la Giordania, uno Stato molto più fragile. Per Israele, la stabilità della Giordania – uno dei primi Paesi arabi a stabilire dei legami politici con Israele e casa di milioni di palestinesi – è vitale.
Nei molti possibili scenari nell’era post Assad, per Israele molti di essi includono nuovi problemi.

Iran

Questo sviluppo in Siria assume un significato maggiore visto che arriva nel momento meno opportuno per Iran ed Hezbollah. Hezbollah ha un disperato bisogno delle armi fornite dall’Iran e altri rifornimenti per ricostruire il suo potere militare e le capacità organizzative dopo la devastante guerra contro Israele.
Per compensare le limitazioni che affrontano i suoi alleati, l’Iran dovrà fare affidamento più sulle sue capacità militari convenzionali e rispondere direttamente alle minacce militari e alle sfide poste dai suoi avversari. Una strategia di difesa basata sulla minaccia e l’uso di attacchi missilistici convenzionali diretti pone sfide proprie a Teheran. Il principale svantaggio è che espone l’Iran alla diretta rappresaglia e i rischi di un conflitto militare sostenuto con Israele, mentre eleva il rischio di un coinvolgimento diretto americano dalla parte di Israele. L’Iran ha dimostrato che è capace di lanciare attacchi missilistici diretti ed efficaci contro Israele con la capacità di penetrare gli avanzati sistemi di difesa aerea israeliani e il potenziale di causare un numero notevole di vittime civili e ingenti danni economici. Tuttavia Teheran si è anche provata altamente vulnerabile agli attacchi di precisione e alle operazioni di sabotaggio israeliane. Inoltre, la relativa debolezza della forza militare convenzionale iraniana – specialmente la sua inferiorità aerea – rende un conflitto militare protratto e sostenuto con Israele, molto meno che con gli Stati Uniti, molto più che una sfida.

Per superare questo dilemma, l’Iran potrebbe perseguire due principali strategie per dissuadere gli attacchi militari da parte di Israele e degli Stati Uniti o spingerli a diminuire il conflitto se le ostilità dovessero iniziare.

a) L’ Iran potrebbe alzare la posta in gioco minacciando di attaccare le infrastrutture petrolifere e di gas nel golfo persiano e distruggere il commercio marittimo nella regione, nella speranza di mobilitare sforzi di diminuzione da parte degli attori regionali e globali, cosi come Cina, Giappone e India e altri grandi importatori del petrolio e del gas dal golfo persico. L’Iran in passato ha impiegato questo stratagemma e potrebbero ricorrervi più frequentemente in futuro se le tensioni con Israele e Stati Uniti aumentassero.
Tecnicamente questa strategia è praticabile, dal momento che la maggior parte delle istallazioni di petrolio e gas in potenziali Paesi obiettivo – incluso gli Emirati Arabi Uniti, il Qatar, il Kuwait, Bahrein, possono essere obiettivo di missili anche a corto raggio. Obiettivi più distanti come i giacimenti di petrolio in Arabia Saudita, possono essere raggiunti come dimostrato dagli attacchi nel settembre del 2019. Tuttavia, questo tipo di strategia “intensifica per diminuire” (escalate to de-escalate) contiene il rischio di essere la scintilla di un conflitto militare di piena scala, dal momento che l’Iran avrebbe parecchia difficoltà a condurre questi attacchi negandone la fonte. Ciò significa che questo scenario diventerà più credibile e più probabile solo se gli interessi vitali propri di Teheran, come le sue infrastrutture di petrolio e gas o il suo programma nucleare fossero in pericolo.

b) L’Iran potrebbe minacciare di utilizzare a scopi offensivi il suo programma nucleare o fondamentalmente farlo allo scopo di raggiungere una deterrenza finale. Secondo la teoria della “deterrenza nucleare latente”, la minaccia credibile di una rottura nucleare – molti osservatori credono che l’Iran ne sia al momento capace – potrebbe essere sufficiente, in alcune circostanze, per dissuadere alcuni attori da intensificazioni di conflitto. Se il potenziale sfidante crede che l’opportunità per un attacco militare preventivo di successo esista, la deterrenza latente potrebbe non dissuaderlo dal raddoppiare il confronto. Dati i rischi impliciti nella deterrenza nucleare latente, l’Iran potrebbe decidere di armarsi con armi nucleari se crede che un attacco militare strategico da parte di Israele o degli Stati Uniti è altamente probabile o entra in un conflitto militare protratto con uno dei due, sempre ammesso che li possa assemblare con successo e prima di essere individuato o resistere agli attacchi militari tesi a prevenire la costruzione di tali armamenti.


Israele e gli Stati Uniti potrebbero essere tentati di sfruttare l’odierna debolezza del sistema di alleanze iraniano per raggiungere obiettivi strategici e tattici contro Teheran e i suoi alleati. Possibili misure possono includere attacchi militari o operazioni segrete di sabotaggio contro i siti nucleari iraniani, i suoi centri militari ed installazioni, le sue infrastrutture energetiche vitali o fomentare l’eversione politica ed orchestrare instabilità e disordine in Iran.
Come le possibili strategie iraniane discusse, un approccio del genere contiene un alto rischio di destabilizzazione dell’intera Regione, visto che l’Iran detiene ancora capacità militari dirette ed indirette formidabili che potrebbero quindi provocare una completa crisi regionale. Inoltre tali misure potrebbero alimentare ulteriormente l’insicurezza iraniana e motivare Teheran ancora più attivamente a perseguire la militarizzazione del programma nucleare e impegnarsi in una politica militare del rischio calcolato nella Regione.

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Pubblicato Gennaio 8, 2025 da barbarafaccenda nella categoria "Medio Oriente", "politica internazionale

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Esperto politica internazionale

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