Chi sfiderà per primo Donald Trump?
Quale sarà il primo avversario a sfidare il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump?
Non tutte le sfide sono uguali, quella che arriva dalla Cina è senz’altro la più importante.
Il 20 gennaio è arrivato. Donald Trump giura come Presidente degli Stati Uniti.
Chi sono gli avversari degli Stati Uniti che quasi certamente sfideranno il presidente Donald Trump, già da subito, mettendo alla prova la sua inesperienza negli affari di sicurezza nazionale e la sua propensione a personalizzare le interazioni politiche?
La forza di carattere della nuova amministrazione americana si vedrà proprio nella risposta di Trump e del suo team a queste sfide e questo, di conseguenza, determinerà se altri avversari lanceranno nuove sfide agli Stati Uniti.
Quello che non è chiaro è chi sarà il primo a lanciare la sfida.
Russia
che appare di aver lanciato un assalto multidimensionale per indebolire le democrazie occidentali, sembra essere probabilmente l’ultima a sfidare la nuova amministrazione. Tutti i segnali ci indicano che Donald Trump si troverà bene con Putin. Il primo ha mostrato poca preoccupazione per gli attacchi cyber della Russia, per gli interventi nel processo elettorale degli Stati Uniti e l’aggressione contro gli Stati confinanti.
Perciò Putin guadagnerebbe poco dal testare apertamente l’amministrazione Trump, almeno nel breve periodo.
Iran
è improbabile che lanci una maggiore sfida alla nuova amministrazione. Molto pesantemente, oserei dire, coinvolto nella guerra civile siriana, deve anche affrontare un’irrequieta giovane popolazione locale;
per cui Teheran potrebbe continuare con le provocazioni di basso livello, ma avrebbe poco da guadagnare da un confronto maggiore.
Mentre Donald Trump ha manifestato la sua volontà rinegoziare l’accordo nucleare con l’Iran, Teheran ha rifiutato questa idea. E senza un fronte unificato che comprende l’Europa, la Russia e la Cina, gli Stati Uniti non possono apporre sufficiente pressione sull’Iran per obbligarla ad accettare delle condizioni più restrittive di quelle già applicate. Washington e Teheran probabilmente si lanceranno occhiatacce l’un l’altro mentre salgono piano piano la scala del confronto.
“Stato islamico”
raddoppierà i suoi sforzi per lanciare attacchi negli Stati Uniti o contro obiettivi americani all’estero. Alcuni potrebbero riuscire: è quasi impossibile anche per un programma di contro-terrorismo altamente efficace essere al 100% di successo. Tuttavia lo “Stato islamico” non sta rivelando i suoi piani e ha una piccola capacità di escalation.
Tutti i segnali puntano alla regione Asia-Pacifico come la zona più pericolosa, fin da subito per l’amministrazione Trump, una combinazione di avversari potenti con una ostilità accresciuta per gli Stati Uniti.
Nord Corea
sfiderà l’amministrazione Trump se non altro per le minacce, le intimidazioni e le sbruffonerie che sono diventate una vera e propria procedura operativa per la dittatura ereditaria di Kim. Trump potrebbe ordinare alle forze militari americane di distruggere ogni missile balistico di lungo raggio che il Nord Corea testerà, ma è difficile da immaginare quello che possa fare al di là di questo.
Il regime del Nord Corea bizzarro ed incostante potrebbe attaccare gli Stati confinanti, possibilmente con armi nucleari, se sentisse allentare la sua presa al potere. Se si sbriciolasse, una crisi umanitaria imponente e una guerra civile devastante molto probabilmente seguiranno, facendo cadere la crescita economica asiatica e quindi quella dell’intero mondo.
I vicini del Nord Corea sanno questo e farebbero tutto quello che è in loro potere per evitare di provocare il regime di Kim al punto dell’aggressione o spingerlo al collasso. Questo stabilisce precisi limiti a quello che gli Stati Uniti possono fare diversamente da bombardamenti limitati alle infrastrutture militari nord coreane. Niente nella storia della dinastia Kim ci suggerisce che questo darebbe il via ad una maggiore compostezza e moderazione.
Il più preoccupante avversario di tutti: la Cina.
Mentre Washington e Beijing hanno avuto delle relazioni di sicurezza tese per un certo numero di anni, particolarmente quando la Cina si è mossa per affermare il controllo di parti del mare nel sud della Cina, le due nazioni erano economicamente intrecciate e condividevano interessi nella stabilità regionale e globale.
Adesso le relazioni tra i due potrebbero essere velocemente disintegrate. In tutta la campagna presidenziale, Donald Trump è stato molto critico su quello che lui vede come un’ineguaglianza nella relazione economica tra gli Stati Uniti e la Cina. Da quando, poi, ha vinto le elezioni, ha messo in discussione la politica di lungo corso di “one China” che riconosce Beijing e non Taiwan come il solo rappresentante diplomatico della nazione cinese.
Più recentemente, Rex Tillerson, la nomina di Trump come Segretario di Stato, ha comparato, nella seduta di conferma del Senato, la politica della Cina di costruire isole e usarle poi come base per rivendicazioni giuridiche di grandi parti del mare del Sud della Cina, all’annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014.
La Cina considera Taiwan e il mare del Sud della Cina come interessi vitali nazionali e quindi farà molto per difendere la sua posizione, possibilmente usando anche la forza militare. E diversamente da altri avversari americani, la Cina ha molteplici vie per colpire gli Stati Unti, inclusa, non solo l’azione militare, ma anche la pressione economica e l’aggressione cyber.
La retorica di Trump e Tillerson potrebbe tentare di applicare le tecniche della negoziazione in affari alla sicurezza nazionale, rivendicando una posizione iniziale estrema sull’aspettativa che più tardi persuadranno l’altra parte ad accettare di meno. Ma nel mondo degli affari il peggio che può succedere se uno stratagemma di questo tipo fallisce è che l’accordo si rovina. Nel regno della sicurezza, c’è il potenziale per uno spargimento di sangue, un disastro, una crisi globale se le due più grandi economie del mondo inciampiassero in un conflitto.