Febbraio 29 2016

Israele e Russia: l’amicizia nel Medio Oriente di oggi

Russia Israele

Il Medio Oriente è nel bel mezzo di una violenta rivalutazione delle sue idee, priorità ed alleanze; la questione dei legami di Israele è parte del ri – assestamento della regione.

Qualche giorno fa il presidente dello stato d’Israele, Reuven Rivlin ha cancellato un viaggio previsto per marzo in Australia per incontrare il presidente russo Putin a Mosca.

Israele e Russia un’amicizia oscillante

La recente storia delle traiettorie delle relazioni russo – israeliane è stata oscillante. Putin è stato il primo presidente russo a visitare Israele e il primo ministro Benjamin Netanyahu ha coltivato legami con la Russia per una serie di ragioni. Israele ha una grande diaspora russa che conta per circa il 10 – 12 percento della popolazione israeliana, e il loro profondo legame con il paese di origine li spinge a coltivare dei legami più stretti con la Russia: un espediente politico per i politici israeliani. Inoltre, Israele e Russia hanno entrambi inteso trarre un vantaggio dalla percezione del ritiro americano dal Medio Oriente per forgiare legami più stretti. Israele cerca di contenere le sue scommesse con un’altra potenza che sta al di fuori dalla regione e la Russia cerca di trafiggere gli Stati Uniti guadagnando influenza con un altro dei suoi principali alleati nella regione. Questo si è manifestato nella sfera politica anche attraverso il silenzio di Israele su questioni che sono importanti per la Russia come l’annessione della Crimea.
I legami economici sono aumentati. Il commercio tra i due paesi che ammontava a 3.5 miliardi di dollari nel 2013 è aumentato negli scorsi anni visto che le importazioni russe dei prodotti israeliani hanno rimediato alle sanzioni imposte dall’Unione Europea. Qualche settimana fa funzionari di entrambe le parti hanno confermato che è imminente un accordo di libero commercio tra i due paesi. Sul lato militare, Israele ha accordato la vendita alla Russia di 10 droni israeliani “Searcher” per la raccolta di informazioni già lo scorso autunno.
L’intervento della Russia nella guerra civile siriana in favore di Assad ha introdotto tensioni tra Israele e Russia, circostanza che è stata gestita da entrambe le parti ragionevolmente bene. Per esempio, Israele e Russia si sono tenute entrambe informate sul rispettivo utilizzo dello spazio aereo siriano per evitare scontri. Israele non ha preso una posizione ufficiale sull’uscita di scena di Assad, ma ha dichiarato di aver tracciato una linea rossa contro il trasferimento di armi a Hezbollah. I bombardamenti israeliani contro questo trasferimento di armi appaiono essere stati coordinati con i militari russi, dal momento che aerei israeliani hanno volato attraverso lo spazio aereo siriano che è pattugliato dalla Russia senza alcun incidente.
Le violazioni dello spazio aereo israeliano non hanno provocato il tipo di crisi che è occorsa tra la Russia e la Turchia. Visto che gli aerei russi e israeliani volano lungo lo stesso corridoio nel sud della Siria e operano conto differenti attori ovviamente ciò ha il potenziale di dare vita ad una catastrofica esplosione, ma le buone relazioni tra Israele e Russia sono state la chiave per prevenire ogni fraintendimento. Questo non vuol dire che una crisi non potrebbe verificarsi nel futuro, particolarmente in vista della vendita di Mosca dei missili S- 300 all’Iran. Israele a tutti costi farà in modo che questo sistema d’arma non possa essere trasferito ad Hezbollah.
Israele sembra preparata a compartimentalizzare la sua relazione con la Russia e cercare di mitigare i suoi dubbi sul comportamento russo in Siria, finché le armi russe non cadano nelle mani di Hezbollah.

Altrove nella regione c’è più movimento

Israele sta aprendo un ufficio ad Abu Dhabi, ufficialmente con l’obiettivo di facilitare le sue interazioni con l’agenzia delle Nazioni Unite per l’energia rinnovabile (IRENA) che sarà basata negli Emirati Arabi Uniti. Questi ultimi ribadiscono che l’apertura dell’ufficio israeliano non ha niente a che fare con relazioni bilaterali. Quindi mentre le relazioni formali rimangono ufficialmente fuori dal tavolo, sotto il tavolo le comunicazioni continuano.
I legami con l’Egitto, il primo paese arabo a stabilire relazioni diplomatiche con Israele, hanno iniziato a diventare più “caldi”. L’Egitto ha mandato un ambasciatore in Israele a gennaio per la prima volta dal 2012.
Ci sono alcuni segni che le visioni popolari di Israele stanno forse cambiando. Il Kuwait Times, ha recentemente pubblicato un articolo intitolato “Israele non è il nostro nemico”, nel quale si affermava che mentre i palestinesi hanno ragioni per vedere Israele come un nemico, il Kuwait non ne ha. Una simile visione è stata espressa da uno storico egiziano Maged Farag che ha asserito: “il nostro nemico oggi è Gaza, non Israele”.

*immagine: www.timesofisrael.com

Dicembre 30 2015

L’ISIS ha realmente ambizioni su Israele?

Israele

La diffusione del primo video in ebraico può far pensare che l’ISIS abbia ambizioni su Israele. Rovesciare il governo d’Israele non è una priorità dell’ISIS.

Il 23 ottobre 2015 l’ISIS diffonde il suo primo video in ebraico rivolgendosi agli “ebrei che occupano le terre musulmane”, le frasi più significative sono qui sotto riportate:

Israele

Retorica o strategia?

Nel luglio 2015 l’affiliato egiziano dell’ISIS: Wilayat Sinai, rivendica la responsabilità del lancio di 3 missili esplosi nel sud d’Israele. L’organizzazione jihadista basata a Gaza: Hadid Brigade, capeggiata dallo Sceicco Omar, che potrebbe avere dei legami con l’ISIS, lancia un attacco missilistico nella città portuale d’Israele, Ashod, nel maggio del 2015.
Tornando un po’ indietro nel tempo, nel febbraio del 2008, Abu Omar al – Baghdadi, poi leader del’Islamic State of Iraq (ISI), predecessore di Abu Bakr al – Baghdadi, annuncia la sua intenzione di sovraintendere la liberazione della moschea di Al – Aqsa asserendo: “abbiamo chiesto a Dio e speriamo che l’ISI sarà la prima pietra per il ritorno a Gerusalemme”. Recentemente l’ISIS ha diffuso una serie di video messaggi che incoraggiano i palestinesi ad impegnarsi in attacchi dei così detti “lupi solitari” contro gli ebrei: “riportate l’orrore agli ebrei con esplosioni, incendi e accoltellamenti”. Video che circolavano con l’hastag #the_slaughter_of_Jews (il massacro degli ebrei). Malgrado queste minacce, i carrarmati dell’ISIS non attraverseranno la Terra Santa nell’immediato futuro e neanche tanto presto. Rovesciare il governo israeliano non è una priorità pressante per l’alto comando dell’ISIS. L’organizzazione terroristica transnazionale è più interessata nel conquistare le terre sunnite dove l’autorità statuale è gravemente compromessa. Dabiq, la rivista in inglese dell’ISIS, sintetizza la strategia dell’organizzazione così: “indebolire i governi musulmani attraverso il terrorismo in  modo da creare un vuoto di sicurezza (letteralmente caos o tawahhush). I combattenti dell’ISIS si muoveranno in quei luoghi per stabilire strutture di un nuovo stato (idarat). Fino ad ora l’ISIS si è mantenuta stretta a questo piano: i suoi combattenti sono stati più attivi e vincenti in aeree dove c’è un vuoto di sicurezza.

Israele, che ha una delle più potenti forze militari nel Medio Oriente è sicuramente l’opposto di un “vuoto di sicurezza”.

Anche dal punto di vista teologico, la sconfitta di Israele ha bassa priorità. Pur non essendo usuale per un gruppo sunnita, l’ISIS è motivato da profezie islamiche sulla fine dei tempi. Queste profezie immaginano la conquista di Gerusalemme ed una guerra con gli ebrei come atto finale del melodramma della fine dei tempi. Tuttavia l’ISIS si trova ancora al primo atto di quel melodramma, cioè al ripristino del califfato. Inoltre, deve ancora diffonderlo nel mondo e sconfiggere gli infedeli cristiani. Per cui, malgrado i video ed i messaggi che incitano ad un combattimento aperto con Israele, le minacce dell’ISIS contro Israele sono vuote. Non vuol dire che siano vuote di contenuti o irrilevanti, ma che sono rivolte soltanto al reclutamento di musulmani irati dalle occupazioni di Israele, piuttosto che configurarsi come il segnale di un’invasione.

L’ISIS è focalizzato sul consolidamento del suo stato e la sua espansione nelle terre sunnite. Anche se lo sguardo dell’organizzazione terroristica transnazionale rimarrà fisso su Gerusalemme non cercherà di piantarci la sua bandiera nell’immediato futuro.

Agosto 27 2015

Siria: il vostro tavolo da gioco

La Siria è diventata un tavolo da gioco dove il rumore delle armi e il potere dei soldi dell’Iran, Russia, Arabia Saudita, Giordania, Turchia, Israele hanno soffocato, nel silenzio complice della comunità internazionale, il sangue di 4 anni di guerra civile.

Pensate ad tavolo rotondo marrone di quelli antichi, massicci, con sopra la mappa della Siria, plastificata lucida, i nomi delle città, le strade i confini. Intorno al tavolo sedie grandi rivestite di quel tessuto stampato in velluto con i fiori bordeaux, poggiate su enorme tappeto persiano, bello grande. Sul tavolo giusto perpendicolare un lampadario di quelli antichi con tante lampadine. Seduti su quelle sedie se ne stanno quelli che per denaro, per potere, spudoratamente continuano a giocare in un paese oramai dimenticato da tutti. Vediamo chi gioca e come.

Iran: i primi di agosto il ministro iraniano degli affari esteri, Zarif, visita Damasco, dove incontra anche il leader di Hezbollah, Nasrallah, poi si dirige in Pakistan ad Islamabad. Il suo ruolo principale: chiarire le implicazioni dell’accordo di Vienna sul nucleare (ricordo che quell’accordo è poi stato ripreso in toto e annesso alla risoluzione n. 2231 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, quindi vincolante per tutti e dico: tutti). Il commercio delle armi dell’Iran è molto importante per la Siria di Assad. La priorità di Khameini è quella di migliorare la propria difesa, negli ultimi anni si è visto come la sua stessa sicurezza sia inestricabilmente legata ad una rete di alleati regionali e di proxies che ha coltivato in Iraq, in Libano, e nella stessa Siria. Questo include Assad e una serie di milizie pro – governative, giusto per fare qualche nome, e lo farò in inglese perché mettersi a tradurre i nomi mi pare decisamente fuori luogo: National Defence Forces (la più grande rete di milizia), the Jerusalem Brigade, the Syrian Resistance, Syrian Social Nationalist Party, Popular Front for the Liberation of Palestine – General Command, Desert Falcons. Con tutti i miliardi spesi per il supporto ad Assad è assai improbabile che Teheran si faccia da parte. Aprile 2015, il presidente russo Putin, evidenziando i progressi nelle negoziazioni per l ‘accordo con l’Iran sul nucleare, dichiara d’avere una buona ragione per togliere il divieto di vendita degli S – 300 all’Iran, un potente sistema di difesa aerea, visto come un utilissimo mezzo per compensare la superiorità aerea degli americani e degli israeliani. Qualche giorno fa il presidente iraniano Rouhani ha rivelato che il paese ha prodotto il suo ultimo modello di SSM: il Fateh (vincitore) 313, missile balistico con un raggio di 500 km. Per Assad l’accordo di Vienna con tutta probabilità assicurerà la crescita di influenza politica e finanziaria del suo più affidabile alleato. Tanto per essere chiari: l’Iran con i suoi contatti politici, organizzazione e finanziamento sostiene il traffico di autocisterne che tengono a galla l’economia, le infrastrutture di Assad . Il sostegno finanziario dell’Iran, le spedizioni, hanno permesso l’acquisto di petrolio e di altri beni d’importazione essenziali. Tanto per capirci: all’inizio del 2013 la banca centrale siriana ha raggiunto un accordo con l’Iran di 3 miliardi di dollari di credito per coprire i rifornimenti di petrolio, parte di una più ampia linea di credito per un valore di circa 7 miliardi di dollari. Un totale di 17 milioni di barili di crudo sono stati spediti alla raffineria di Baniyas tra il febbraio e l’ottobre del 2013, finanziate da lettere di credito iraniane e trasportate da autocisterne dall’Iran e Iraq via l’oleodotto Sumed che attraversa l’Egitto. Il 19 maggio di quest’anno l’Iran e la Siria hanno firmato un accordo per una linea di credito di un miliardo di dollari che è per Assad una gran bella mano. E’ vero che tutte le sanzioni multilaterali e unilaterali secondo l’accordo di Vienna e la risoluzione verranno revocate non prima di 8 anni, immagino che però molti partner e molti ex partner commerciali dell’Iran, tra cui alcuni paesi membri dell’Unione Europea, possano chiudere un occhio sulla politica regionale iraniana se questo è il prezzo per prendere un pezzo della torta. Morale della storia: più soldi all’Iran, più soldi ad Assad.

Russia:  come abbiamo visto vende gli S- 300 all’Iran e si garantisce un bel controllo dell’area, ma contemporaneamente previene un intervento armato americano, perché diciamocelo la Russia è sempre rimasta fissata con l’idea della guerra fredda. Importantissimo, la Siria è sempre stata un cliente fisso dell’industria di difesa russa, tra l’altro molti ufficiali siriani sono stati addestrati in Russia, sposati a donne russe. Putin ha bisogno di quei soldi, ricordiamoci che le sanzioni per la storia dell’Ucraina hanno un costo per l’ economia russa e i soldi servono. La Siria è centrale per le aspirazioni geopolitiche russe, continuano a tenere una struttura di riparazione e rifornimento per la marina russa al porto di Tartus, dove peraltro avevano investito molto denaro per la ristrutturazione poco prima che iniziasse la guerra civile nel 2011. Le aspirazioni russe nel rivestire un ruolo importante nel Mediterraneo dell’est e nel medio oriente sono vive e vegete. Così si è offerta recentemente di ospitare colloqui di pace a Mosca ricevendo Khaled Khoja, il presidente del National Coalition for Syrian Revolution e le forze opponenti.

Arabia Saudita: l’attività diplomatica continua ad avere un profilo molto alto, il ministro degli esteri e della difesa da giugno si focalizzano sul trovare una posizione comune con la Russia. La sicurezza è cruciale e la Siria è terreno fertile di estremisti islamisti non graditi alla monarchia.

Giordania: la sicurezza delle sue frontiere è la sua preoccupazione maggiore. Rinforza la sorveglianza delle frontiere e si allea con gli Stati Uniti nella coalizione anti Stato Islamico.

Turchia: l’assillo di Erdogan, a parte le sue personali aspirazioni di leader regionale, è quello di prevenire la formazione di un Kurdistan nel nord della Siria e con la scusa di fermare lo Stato Islamico, una bomba a loro ed una ai curdi. Una cosa diversa però Ankara l’ha fatta: diminuire le relazioni con Israele. Sì perché Israele ultimamente ha avuto non pochi problemi con l’accordo sul nucleare. Continuano le relazioni commerciali certo, ma la diplomazia sembra essersi imbalsamata.

Israele: non gli è andato giù per niente l’accordo di Vienna, definendolo un errore storico, ripete che il più grande pericolo per Israele é l’arco strategico che si estende tra Teheran, Damasco e Beirut. Raid israeliani  bombardano un’importante via di rifornimento usata da Hezbollah  nelle montagne di Qalamon (area che include una serie di strade che Hezbollah usa per trasferire esseri umani e supporto logistico dentro e fuori dal territorio siriano). Ha bombardato poi 14 postazioni del regime siriano nella parte siriana delle alture del Golan tutto in risposta ad un bombardamento del regime in un villaggio del nord di Israele.

NATO:  con un annuncio a sorpresa del 16 agosto  in cui si dichiara che il dispiegamento dei Patriot finirà a gennaio 2016, si evidenzia un crescente vuoto, oserei dire, tra gli Stati Uniti e i suoi alleati che non è compensato dal recente accordo che consente che aerei americani possano decollare per missioni di combattimento dalla base di Incirlik in Turchia.

Sul tavolo di questo gioco c’è lo Stato Islamico e una serie di gruppi estremisti, piccoli e grandi che si muovono in questo vuoto di potere. Non fanno più notizia i bombardamenti al mercato di Douma di Assad, le foto dei bambini morti. Da poco qualcuno si è accorto che ci sono i profughi siriani e li accolgono perchè sono in fondo dei filantropi. La disgrazia di questo paese è essere un tavolo da gioco, un punto geopoliticamente importante dove il rumore delle armi e quello silenzioso, ma potente dei soldi, coprono il sangue, la miseria, la distruzione. E così Signori, fate il vostro gioco, rien ne va plus.