Finché la Polonia va l’Unione Europea la lascia andare
La Polonia tra bavaglio ai media e pugno duro con la Corte Costituzionale preoccupa Bruxelles e gli Stati Uniti.
Un altro paese conservatore dell’Unione Europea, che parla alla gente di come la debolezza dei funzionari europei minacci i loro interessi.
Nel pensare l’argomento di questo post, mi sono soffermata un attimo a riflettere ad una domanda che mi è stata rivolta qualche settimana fa. “Perché in Italia non si parla di politica internazionale?”. Desidero allora cogliere l’occasione di rispondere e precisare perché il mio blog tratta di alcuni argomenti “impopolari”.
La politica internazionale in Italia si risolve quasi sempre attorno agli argomenti generalisti, quelli per cui i giornali riescono a vendere più copie. Quelli per cui molti politici ci fanno campagna elettorale. Molti paesi escono completamente dall’occhio delle relazioni internazionali italiane, un po’ per la superficialità del governo e del suo ministro degli esteri, ma molto perché appunto non fanno audience. La politica internazionale non deve fare gossip; le relazioni internazionali, l’equilibrio del potere tra gli Stati, il fatto che apparati sovraordinati agli stati come l’Unione Europea barcollino è un discorso complesso che deve necessariamente abbracciare la singola politica di tutti gli stati presenti nel mondo.
Per questo motivo oggi parliamo della Polonia, perché la debolezza dell’Unione Europea è anche nella spinta centrifuga dei suoi stati membri. La Polonia, come la vicina Ungheria, si sposta verso una linea conservatrice concentrata sul mantenimento e rafforzamento del potere locale, a discapito dell’equilibrio complessivo dell’Unione.
Il nuovo governo polacco, peraltro, preoccupa anche gli Stati Uniti. Le relazioni internazionali, per l’appunto, sono collegamenti anche apparentemente invisibili da un capo all’altro del mondo.
Polonia come Ungheria?
Il governo polacco, eletto recentemente, guidato dal partito Diritto e Giustizia, conosciuto in polacco come il PiS, si dipinge come un coraggioso condottiero contro una elite discreditata che agiva contro gli interessi dei polacchi.
Il precedente partito di governo di centro – destra, guidato da “piattaforma civile” nel chiaro tentativo di mantenere l’influenza sulla Corte Costituzionale nomina cinque membri, aprendo una crisi istituzionale che si acuisce con la vittoria schiacciante del PiS nelle elezioni di ottobre 2015, portando al potere il primo governo di maggioranza in Polonia dalla caduta del comunismo. La vittoria parlamentare segue la vittoria a sorpresa del candidato del partito, il giovane avvocato di Cracovia, Andrzej Duda, alla presidenza. La presidenza polacca è un titolo più “cerimoniale” che altro, ma il presidente è in grado di porre il veto sulle leggi e proporne di nuove.
Un mese fa la Corte Costituzionale polacca stabilisce che tre dei cinque giudici nominati da “piattaforma civile” erano costituzionali, ma Duda si rifiuta di farli giurare; ne nomina cinque nuovi, facendone giurare quattro durante una cerimonia notte tempo al palazzo presidenziale. Mossa questa di dubbia costituzionalità. La corte rifiuta i nuovi membri di Duda, ma il governo si spinge oltre. Una sessione infuocata del parlamento proprio a dicembre 2015, decide che tutte le decisioni della corte devono essere prese a maggioranza dei 2/3. Questa è la strategia per far accettare alla Corte le nomine del PiS e rallentare il processo di controllo della legislazione parlamentare da parte della Corte e, non da ultimo, diminuire i suoi poteri di bloccare nuove leggi.
Il 30 dicembre 2015, il parlamento in tutta fretta approva una nuova legislazione che concentra nel governo il controllo dei media dello Stato. I funzionari dell’Unione Europea hanno condannato la legge come una minaccia alla libertà di parola; ma ora questa è la legge in Polonia.
Duda ha descritto la Polonia come una vergogna, piuttosto strano visto il miglioramento degli standard di vita dei polacchi ed il suo processo di crescita come potenza diplomatica in Europa. Tuttavia Duda ed il PiS rappresentano milioni di polacchi che sentono di essere stati lasciati fuori dal boom economico o alienati dall’elite liberale. Ci sembra bizzarro tuttavia che nel partito di Duda siano presenti ex funzionari di quella elite post comunista tanto ostracizzata dal PiS.
Oggi, le somiglianze con il governo del primo ministro di estrema destra Orban nella vicina Ungheria sono impressionanti. Orban ha limitato la libertà dei media, prevaricato le organizzazioni non governative, emendato la costituzione a suo favore, tutto in nome di liberare l’Ungheria da elementi del suo passato comunista e dalla presunta corruzione degli anni post – comunisti.
Ben prima della crisi, gli oppositori del PiS hanno argomentato che il partito voleva veramente construire una Budapest sulla Vistola.
L’Unione Europea come Ponzio Pilato
Il PiS ha vinto la sua maggioranza grazie ai voti dei centristi, ma i sondaggi oggi indicano che molti di loro già si stanno allontanando dal partito in favore di un nuovo partito liberale chiamato “modern”, guidato da un economista: Ryszard Petru.
L’Unione Europea se ne lava le mani: il PiS può continuare ad utilizzare le critiche dei commissari non eletti a Bruxelles come maggiori prove in supporto della narrativa di una debole elite europea che minaccia gli interessi polacchi.
Il dipartimento di stato americano si è preoccupato dei cambiamenti in Polonia, soprattutto della guerra intestina governo/corte costituzionale. La Polonia è un alleato importante, strategico, per gli Stati Uniti, vista la sua collocazione geografica nell’est europeo e soprattutto perché la Polonia ha le più efficienti forze armate della regione.