NATO: il suo versante ad est è più prezioso di quello a sud
Il rafforzato impegno della NATO in Europa Centrale e dell’Est ha un valore diplomatico e simbolico. Tuttavia c’è il rischio che il “fianco sud” dell’Alleanza da dove emana la minaccia dei gruppi estremisti riceva troppe poche attenzioni.
Ogni tanto, quasi ciclicamente, in Italia si riapre un discorso oserei dire sciocco sullo status di membro del nostro paese nella NATO. Notizie e fatti già noti vengono ripescati, rimescolati e confezionati ad hoc per qualche attimo di notorietà in più. Detesto sinceramente, ma anche educatamente, coloro che buttano la parola “guerra” qua e là, nei titoli, per attivare le masse in un rincorrersi di parole al vento. Detto questo cerchiamo insieme di rimettere ordine nelle valanghe di notizie tipo “l’Italia va in guerra/non è la mia guerra/ ci portano in guerra” e di capire cosa succede. In particolare, di riflettere sulla circostanza che la NATO destini troppe poche attenzioni alla minaccia che emana da gruppi estremisti nel suo versante sud.
Per chi se la fosse persa, vi ricordo che nel giugno di quest’anno la NATO ha condotto: Anaconda-16, la più vasta esercitazione NATO che si è svolta in Polonia dalla fine della Guerra fredda. Non mi pare che questa circostanza abbia turbato i benpensanti nostrani.
Il summit NATO a Varsavia 8-9 luglio 2016
La scelta della città non è stata, evidentemente, casuale nelle menti dei leader dell’Alleanza: il paese dove la percezione della minaccia dell’aggressione russa è particolarmente acuta. A Varsavia dunque è stato deciso di rimpolpare la presenza della NATO nell’Europa Centrale e dell’Est, decisione che sia la Polonia che i suoi partner regionali chiedevano fosse attuata dall’Alleanza da quando la Russia si è annessa la Crimea nel 2014 ed ha iniziato la sua incursione in Ucraina. 4 battaglioni composti dalle truppe degli Stati membri della NATO, incluso: Inghilterra, Germania, Canada, Italia e Stati Uniti si dispiegheranno (a rotazione) in Polonia e nei tre Stati Baltici: Estonia, Lituania e Lettonia che vi ricordo sono Stati membri della NATO.
Questi dispiegamenti non saranno permanenti e realisticamente non saranno abbastanza per trattenere una invasione su vasta scala della Russia.
L’impegno della NATO in questa parte dell’Europa è importante diplomaticamente e simbolicamente.
Crea quello che io chiamo “filo d’inciampo” per gli Stati Uniti e il coinvolgimento dell’Europa occidentale nell’eventualità di un’invasione russa: le truppe russe che invaderebbero la regione dovrebbero ingaggiare truppe americane e di altre potenze militari, che in teoria li porterebbe immediatamente in guerra. Circostanza assai rischiosa anche da un punto di vista economico per Putin.
Precedentemente l’art.5 della NATO sulla difesa collettiva era generalmente visto come una garanzia sufficiente. Ed è qui che le visioni differiscono: è importante avere i piedi sul terreno per garantire la sicurezza della regione o basta mostrare i muscoli con esercitazioni come Anaconda ’16? Sebbene nel contesto dell’incontro di Varsavia i 28 Stati membri della NATO hanno raggiunto un livello di accordo e di mutua soddisfazione quasi sorprendente, mi chiedo: “un approccio così unito, nel lungo termine si potrà mantenere?” Credo che sia parecchio difficile.
La NATO sta anche incrementando la sua presenza militare in Romania, con una brigata multinazionale che staziona nel paese.
La Romania è sempre stata, storicamente, scettica nei confronti della Russia; Bucarest ha una delle forze armate più capaci nella regione al di fuori della Polonia. La Romania, dal canto suo voleva più che una brigata multinazionale, ma l’aspettativa è che il paese vedrà un incremento delle attività militari della NATO, o almeno degli Stati Uniti, nei prossimi anni.
NATO: il versante est vince sul versante sud
La decisione della NATO di accrescere la presenza nel suo versante est è stata vista da molti, soprattutto dal vice ministro della difesa polacco, come un nuovo elemento del concetto di difesa collettivo, aggiungendo che la “presenza in avanti” è il secondo pilastro della deterrenza.
Come non comprendere le istanze della Polonia e dei Stati baltici; la Russia non si è mai dimenticata di far notare la sua presenza facendo alzare in volo i suoi aerei militari lungo la frontiera con i paesi NATO, o le rapide esercitazioni. Queste mosse di Mosca sono viste e percepite dagli Stati baltici come dimostrazioni, sì di forza militare, ma contenenti in sé il rischio di poter subito intensificarsi.
Lo “spazio Suwalki“
L’attenzione, recentemente, si è focalizzata sul cosiddetto spazio Suwalki la frontiera di circa 97km tra la Lituania e la Polonia schiacciata tra Kaliningrad e l’alleato russo: la Bielorussia. Se la Russia agguantasse lo spazio, isolerebbe gli Stati baltici dal resto della NATO.
Tuttavia altri Stati membri della NATO non condividono la percezione del rischio russo degli Stati baltici e della Polonia.
Il presidente francese Hollande, ha dichiarato che la NATO non ha nessun ruolo per stabilire quali debbano essere le relazioni con la Russia, rimarcando che per la Francia, la Russia non è né un avversario né una minaccia.
Spostandoci un po’ più a sud, la Repubblica Ceca, la Slovacchia e l’Ungheria sono più immediatamente preoccupate per i flussi migratori e l’instabilità dei Balcani, anche se nel quadro della NATO capiscono la prospettiva della Polonia e degli Stati baltici.
L’unità della NATO reggerà?
La domanda che vi ponevo all’inzio. Tre sono le riflessioni che voglio proporvi. L’approccio della NATO a quel serbatoio di benzina che è i Balcani, la minaccia di gruppi estremisti, vale a dire il terrorismo internazionale e il ruolo della Turchia.
La NATO non rotola a sud:
1. i Balcani
L’approccio della NATO nel potenziale serbatoio di benzina dei Balcani è stato esitante e divisivo. La Grecia ha continuato a bloccare la membership della Repubblica di Macedonia a lungo rinviata. La Russia ha tratto vantaggio dalle proteste anti-NATO nel Montenegro che dovrebbe unirsi all’Alleanza, per richiamare i Balcani ad essere “militarmente neutrali”. Nello stesso tempo Mosca fornisce assetti militari, sostegno in situazioni di emergenza e addestramento per le forze speciali di polizia in Stati dei Balcani: Bosnia e Serbia.
2. Il terrorismo internazionale
Sulla questione del terrorismo internazionale, in particolare “lo Stato islamico”, nella dichiarazione di Varsavia, troviamo tante bellissime parole, ma sostanza poca. Si dice che il gruppo estremista transnazionale è stato degradato, molti accoliti uccisi, molti seguaci si sono allontanati. Molti. Veramente? Allora tutto bene, che bello! In Iraq, si invitano le autorità locali a darsi da fare per migliorare le forze armate e la sicurezza, e già, dopo che nessuno si è preso la briga non solo di pianificare, ma di eseguire la “exit strategy”, adesso rispettiamo la sovranità dello Stato iracheno. Sulla Siria, una chicca: “l’efficace battaglia contro lo “Stato islamico” sarà possibile solo con un governo legittimo in carica”. Questa affermazione forse tralascia la circostanza che per ora Assad è il presidente della Siria, che gli Stati Uniti hanno per anni finanziato gruppi di ribelli contro Assad per poi accorgersi che la situazione gli era sfuggita di mano. Gli Stati Uniti, membri della NATO, si ricordano che giocano sul doppio livello in Siria, da un lato paladini della sicurezza e della pace internazionale e dall’altro potenza dominante contro la Russia, finanziatori con denaro e armi di gruppi estremisti?
Si legge, inoltre, nel documento NATO di Varsavia che nello sforzo di proiettare stabilità, si è consapevoli che c’è la necessità di affrontare le condizioni che portano alla diffusione del terrorismo internazionale. Beh mi sembra troppo poco; seppur un passo avanti è stato fatto perché si ravvisa la necessità che ci sia bisogno di affrontare le cause del terrorismo internazionale e non le conseguenze, non è abbastanza senza una strategia focalizzata sulle radici dei gruppi estremisti e di lungo termine.
Leggete anche voi uno dei pezzi della dichiarazione di Varsavia che riguarda lo “Stato islamico”.
3. La Turchia e il gioco delle tre carte
La Turchia cerca attivamente ora più che mai un riavvicinamento con Mosca, visto il raffreddamento delle relazioni con Washington dal “tentato golpe”.
La Turchia potrebbe fare il doppio gioco, difficile predire quale sia la sua vera strategia. Potrebbe prendere parte alle misure di “rassicurazione” della NATO nella regione del Mar Nero mentre, allo stesso tempo, migliorare le relazioni con la Russia e riposizionarsi vis-a-vis con gli Stati Uniti.
Non dimentichiamo che gli strumenti utilizzati dalla Russia come la corruzione, lo spionaggio, la sovversione, la propaganda e le campagne di disinformazione, non sono necessariamente ben contrastate da soldati.
Teniamo anche bene a mente che l’Italia è il versante sud della NATO.