Il nemico del nemico. Il nemico interno nella galassia estremista islamica.
La Siria, l’Egitto, l’Iraq, lo Yemen, la Libia, la Nigeria, la Regione del Sahel, la Somalia, la Cecenia, le Filippine, la Regione Afghanistan-Pakistan hanno tutti subito operazioni ovvero attacchi ad opera di organizzazioni estremiste islamiche, di differente intensità, ma con una caratteristica comune: il nemico principale è il governo nazionale e i gruppi religiosi opposti.
Curiosamente, l’intensificazione della lotta jihadista contro sia obiettivi occidentali che governi nazionali nel mondo islamico si pone in correlazione con la comparsa del più importante esempio di contesa e di competizione intra-jihadista nei tempi moderni tra Al Qaeda e l’Islamic State (IS)
La categoria del nemico interno
La competizione jihadista ha sottolineato l’importanza di una categoria di nemico frequentemente trascurata: il nemico interno, in riferimento ad altri gruppi all’interno della corrente jihadista.
Sia per Al Qaeda che per l’IS il nemico interno ha assunto un’importanza crescente, tuttavia i due gruppi hanno affrontato questa delicata questione in molti modi diversi.
La competizione inter-gruppo ha colpito la gerarchia degli obiettivi del nemico delle due organizzazioni estremiste islamiche.
La contesa e la competizione tra gruppi jihadisti non è una situazione nuova. Donatella dalla Porta ci spiega che « le organizzazioni radicali, come altre organizzazioni politiche, mirano ad attrarre simpatizzanti attraverso struttura, azioni e cornici che sono appropriate per la propaganda. Nel fare ciò, le organizzazioni clandestine competono in un campo affollato di organizzazioni dove hanno la necessità di offrire di più dei loro competitori».
Dal 2014 in poi in quasi tutte le riviste di Al Qaeda e IS è stata pubblicata una condanna implicita o esplicita all’altro gruppo.
Agli occhi dell’IS, Al Qaeda aveva deviato dalla corretta metodologia jihadista di Osama bin Laden; i suoi membri venivano chiamati addirittura gli “ebrei del jihad” mentre venivano diffusi i poster di “wanted dead” che ritraevano Zawahiri e altre figure di spicco di Al Qaeda.
Dalla prospettiva di Al Qaeda, l’IS è un gruppo di estremisti che senza alcun diritto hanno rivendicato di essere i soli legittimi sostenitori del jihad senza alcuna autorità. Quando Al Qaeda, nel gennaio del 2014 ha stabilito AQIS (Al Qaeda nel subcontinente indiano) l’emergente competizione con l’IS sicuramente ha giocato un ruolo importante.
L’introduzione della categoria “nemico interno” nella gerarchia del nemico dei gruppi jihadisti è una testimonianza della natura competitiva ed esclusivista dell’attuale jihadismo. Essa ha spinto i gruppi jihadisti a trovare ragioni fondamentali che legittimassero la lotta contro attori che naturalmente e storicamente erano considerati alleati e, in casi estremi, ha anche comportato l’etichettare altri jihadisti come apostati.
I gruppi jihadisti solitamente, quando si tratta di affermare chi combattono, vengono rinchiusi in caselle e spesso le conclusioni a cui giungono questo tipo di classificazioni non sono il risultato di una ricerca approfondita.
Fino a poco tempo fa, Al Qaeda era conosciuta come il più noto sostenitore del jihad globale, mentre l’ISI (Islamic State in Iraq) era conosciuto semplicemente come il nemico vicino dei regimi locali.
La competizione intra-jihadista che è comparsa nei primi mesi del 2014 ha cambiato significativamente questa percezione stereotipata. Il risultato è stato un importante cambiamento nelle gerarchie del nemico di questi due gruppi jihadisti.
La crescente “ibridizzazione” della gerarchia del nemico dell’IS ha avuto come conseguenza l’adozione da parte dell’organizzazione estremista di un forte focus sul nemico lontano (l’Occidente) sia nei discorsi che nell’azione.
La diminuzione dell’ “ibridizzazione” di Al Qaeda ha avuto come conseguenza che tale organizzazione si astenesse da attacchi contro l’Occidente, fatta eccezione per i discorsi.
Il nemico interno è diventato un obiettivo legittimo.
Chi offre di più?
Nella letteratura sul terrorismo, il concetto di “offrire di più” ha ricoperto un ruolo dominante nella teoria che spiega l’effetto della competizione tra i gruppi terroristici sul loro comportamento. La logica dell’offrire di più dimostra le capacità del gruppo, la dedizione e le intenzioni del gruppo agli altri gruppi.
La competizione si verifica quando gruppi che condividono un’ideologia (o quasi la stessa ideologia) iniziano a prendersi di mira l’un l’altro attraverso parole ovvero azioni o quando adottano nuove strategie ovvero tattiche determinate dal successo del gruppo rivale.
Sembra plausibile poter sostenere che la competizione tra Al Qaeda e l’IS è emersa realmente dal febbraio del 2014 in poi quando iniziarono a verificarsi delle lotte interne in maniera regolare.
La crescita dell’IS, senza dubbio ha influenzato come gli altri gruppi jihadisti, incluso Al Qaeda, vengono percepiti sia riguardo all’essere “estremisti” sia in termini di minaccia. Ciò ha rappresentato per Al Qaeda un’opportunità di posizionarsi in una luce positiva in contrasto alla barbarie dell’IS. Il rischio per Al Qaeda, tuttavia, è che sia superata e considerata obsoleta.
Dalla prospettiva della lotta per il potere all’interno del movimento jihadista globale, sembra che si siano attivati due meccanismi:
- per l’IS il processo di offrire di più inizia attorno al 2014 come modo per sfidare la supremazia di Al Qaeda. L’intensificazione di tattiche raccapriccianti come la registrazione video delle decapitazioni e il bruciare i prigionieri possono essere considerati esempi dell’offrire di più a livello tattico mentre il suo concentrarsi sempre di più su obiettivi internazionali equivale ad un offrire di più a livello strategico.
- Già preoccupata della sua immagine popolare molto prima della nascita dell’IS, Al Qaeda ha esitato a seguire l’esempio del suo competitore più violento, malgrado il suo iniziale successo, e si è bloccato su un approccio basato sulla diversificazione del rischio. Per diversificazione del rischio s’intende un approccio più conservatore per cui un attore si astiene dal prendere una posizione chiara con l’obiettivo di non compiere un errore futuro. Nel caso di Al Qaeda, come parte della sua mutata strategia si è per lo più astenuta dall’organizzare o dirigere attacchi in Occidente con l’obiettivo di vincere il sostegno delle popolazioni locali nelle sue aree di operazioni. Allo stesso tempo Al Qaeda continua a porre enfasi sull’Occidente nei suoi discorsi allo scopo di non perdere il supporto dalla sua base più radicale.
Quale nemico combattono?
Il nemico interno è una questione molto delicata sia da un punto di vista giurisprudenziale islamico, dal momento che riguarda l’illegalità di spargere sangue musulmano che dovrebbe essere evitato perché potrebbe dare luogo ad una dissidio interno (fitna), sia da una prospettiva strategica.
Combattere il nemico interno inteso come altri gruppi che sono considerati parte della comunità jihadista sunnita e che condividono in una qualche maniera una simile ideologia, è una circostanza che raramente si è verificata prima della contesa esplosa tra Al Qaeda e l’IS.
Le lotte interne tra i gruppi jihadisti si verificano ora su base regolare in Siria e in altre aree dove entrambi i gruppi sono presenti. Ad esempio dopo aver annunciato la creazione della provincia Khorasan nel gennaio del 2015, l’IS ha iniziato a combattere contro i Talebani.
Il contesto
L’ideologia esercita un’influenza enorme nella definizione delle gerarchie nemiche, tuttavia è altrettanto importante il contesto in cui questi gruppi si trovano.
Un elemento importante del contesto è il grado di dissenso intra-jihadista e la potenziale, successiva, competizione.
Il conflitto all’interno del movimento jihadista ha conseguentemente invaso e dominato le dinamiche del jihadismo sunnita.
Gli attacchi a Parigi del gennaio del 2015: uno ad opera dei fratelli Kouachi contro Charlie Hebdo e rivendicato da Al Qaeda e l’altro ad opera di Coulibaly, che giurava alleanza all’IS, sono interessanti in questo contesto dal momento che Coulibaly presumibilmente aiutò i fratelli Kouachi.
Ciò mostra che ci è voluto un po’ di tempo affinché la rivalità jihadista si manifestasse al di fuori della Regione del Medio Oriente. Una simile cooperazione oggi è altamente improbabile se non impensabile.
In conclusione:
In maniera interessante, le dinamiche che si sono scatenate dalla relazione competitiva all’interno del movimento jihadista hanno colpito enormemente la gerarchia del nemico sia in termini di scopo che di priorità e di categorie. Non solo l’IS ha superato Al Qaeda come principale perpetratore di attacchi in Occidente, ma la sua aggressività contro altri gruppi jihadisti ha dato vita all’introduzione di una nuova categoria estremamente delicata: il nemico interno.
Per l’IS il processo di “offrire di più” intra-jihadista ha condotto all’espansione strategica del focus sull’Occidente, il cosidetto “nemico lontano”; mentre per Al Qaeda la logica della diversificazione del rischio ha rafforzato la sua nuova strategia, già adottata, per vincere i cuori e le menti dei musulmani distanziandosi essa stessa dall’eccessiva violenza dell’IS.
Le gerarchie del nemico sono tuttavia dinamiche per cui la diminuzione degli attacchi di Al Qaeda in Occidente non deve portarci alla conclusione che esso non è più un gruppo jihadista globale, ma piuttosto deve condurci a considerare che le preferenze, le capacità, hanno subito, temporaneamente, un cambiamento come risultato di un contesto.