Guerra dell’acqua, dighe e ISIS
Le risorse idriche sono un’arma molto potente, ci sono guerre che si conducono solo utilizzando dighe, corsi d’acqua. L’ISIS è in grado di utilizzarle? La diga di Mosul era stata presa dall’ISIS e poi riconquistata dai curdi, molto prima che l’impresa italiana vincesse l’appalto per lavori di manutenzione.
Ci tengo a fare una premessa a questo post. Ho lavorato per conto del Ministero degli affari esteri italiano in Africa ad un progetto di una diga idroelettrica, i cui lavori erano stati interrotti a causa di una guerra civile che aveva insanguinato il paese. Era la mia prima missione, che non dimenticherò mai. L’acqua è un bene primario, le dighe idroelettriche allo stesso modo sono necessarie per l’economia, la vita di qualsiasi popolazione. Troppe volte si crede che le guerre si combattano solo con le armi, con le bombe, invece ci sono armi più devastanti di quelle, come l’utilizzo delle dighe o delle risorse idriche per conquistare territori o legittimare il proprio potere nei confronti della popolazione locale.
La diga di Mosul
Il ministro delle risorse idriche ha, in un’intervista alla al – Sumaria TV, recentemente smorzato le preoccupazioni che la diga di Mosul crollerà, stimando che la probabilità di cedimento è di “uno a mille”, sostenendo inoltre che tutte le dighe del mondo hanno un certo livello di rischio. Nel frattempo, gli operai stanno rimuovendo dalle 5 alle 6 tonnellate di calcestruzzo al costo di circa 6 milioni di dollari al giorno.
La diga (idroelettrica) lunga 3.6 km è locata vicino al territorio controllato dallo stato islamico nel nord del paese. I militanti dello “stato” islamico hanno preso il controllo del nord e dell’ovest dell’Iraq e agguantato la diga di Mosul nell’agosto del 2014, facendo crescere le paure che potessero farla esplodere e far sprofondare sott’acqua Mosul e Baghdad uccidendo migliaia di persone nella valle densamente popolata del fiume Tigri.
I combattenti curdi, i così detti Peshmerga, hanno ricatturato la diga due settimane dopo con l’aiuto dei bombardamenti aerei degli americani e con il supporto delle forze governative irachene. Il deterioramento della diga aveva spinto le forze americane ad abbozzare un contingency plan per il potenziale cedimento. Molta della retorica militare sulla diga di Mosul si è focalizzata sul potenziale di una deliberata distruzione della struttura, rilasciando una catastrofica onda d’acqua che raggiungerebbe 4.6 metri di altezza fino a valle, a Baghdad, che dista 350 km. Tuttavia, politicamente ed economicamente è il controllo dell’idroelettricità della diga che ne definisce la priorità. Gli ingegneri, hanno notato che la montatura del bacino idrico poco ortodossa – su carsico solubile (fatto di roccia calcarea tipica delle zone con flussi d’acqua sotterranei) possa determinare una rottura accidentale della diga, se non fosse realizzato un lavoro: tempestivo, vitale, geo-tecnico, inclusa l’iniezione di intonaco impermeabile.
Quando Saddam Hussein costruì la diga tre decadi fa, serviva come simbolo della sua leadership e della forza dell’Iraq. I generatori della diga di Mosul possono produrre 1010 megawatt di elettricità, secondo quanto riporta il sito della Commissione di Stato irachena per le dighe e i bacini idrici. La struttura contiene anche 12 miliardi di metri cubici di acqua che sono cruciali per l’irrigazione delle aeree agricole dell’ovest Iraq, nella provincia di Nivive.
E’ dal suo completamento nel 1980 che la diga ha richiesto una regolare manutenzione incluso delle iniezioni di cemento in aeree di perdita. Il governo americano ha investito più di 17.9 m dollari sul monitoraggio e le manutenzioni, lavorando assieme ai team iracheni. Già nel 2007 l’allora comandante generale delle forze americane in Iraq, David Petraeus, e l’allora ambasciatore americano in Iraq, Ryan Crocker, avevano avvertito il primo ministro di quel tempo Nouri Maliki, che la struttura era molto pericolosa perché era stata costruita su una base di terreno instabile. Nella lettera inviata al primo ministro iracheno si leggeva: “assumendo il caso dello scenario peggiore, un cedimento istantaneo della diga di Mosul che è riempita ed operativa al suo massimo livello potrebbe risultare in un’onda di 20 metri che sommergerebbe la città di Mosul”.
Poi arriva la Trevi che gareggia per l’appalto dei lavori di manutenzione, Renzi dice pubblicamente che manderà 450 soldati a protezione della diga mentre si svolgeranno i lavori et voilà la Trevi vince l’appalto. Gli altri concorrenti non avevano fatto proclamare ai quattro venti al presidente del consiglio dei ministri che avrebbero mandato un apparato di sicurezza dei soldati regolari dell’esercito dello stato. (mi chiedo che status avranno quei soldati, visto che non si tratta di una missione internazionale sotto egida ONU o NATO). Mi chiedo (anche se conosciamo già la risposta) se l’appalto l’avesse vinto una ditta, che ne so tedesca, Renzi avrebbe mandato tutti quei soldati italiani a protezione. Ritengo che proteggere una sola diga non risolva il problema, forse risolve una sciocca credenza secondo cui al “popolo” va fatto credere che si combatta il terrorismo internazionale.
Guerra dell’acqua: un fantasma che minaccia il Medio Oriente.
I combattenti dell’ISIS controllano le parti superiori dei fiumi Tigri ed Eufrate, che scorrono dalla Turchia nel nord nel Golfo a sud. Tutto l’Iraq e grandi parti della Siria contano su questi fiumi per cibo, acqua e industria. Molti analisti (compreso chi scrive) prevedono che i tentativi dello stato islamico di controllare le risorse idriche arabe porterà ad una crisi d’acqua che metterà in ombra il conflitto che si svolge sul petrolio, perché l’acqua è una questione di vita o di morte.
Sfugge a molti purtroppo che non leggono i report degli analisti, perché evidentemente preferiscono le riviste di gossip o le fantasticherie di Renzi, che il controllo dei fiumi e delle dighe è considerato dall’ISIS un’arma molto più importante del petrolio.
In questa ottica si possono leggere gli annunci del gruppo estremista transnazionale nell’estendere il controllo del territorio dal Levante all’Egitto, Etiopia e Maghreb. Questo “stato” islamico si vuole estendere alle sorgenti del Nilo. L’alleanza giurata da Boko Haram nel marzo del 2015 ha probabilmente come obiettivo quello di sostenere la cospirazione dello “stato” islamico per controllare le sorgenti del Nilo. Sebbene le popolazioni povere della regione sono le sole a pagare il prezzo per il conflitto del petrolio, le guerre d’acqua non risparmiano nessuno.
Strategicamente, l’uso della diga per determinare i livelli di acqua e di rifornimenti a larghe parti del paese la rende il più grande prezzo in quello che gli analisti della sicurezza descrivono come “la battaglia per il controllo dell’acqua” e che molti vedono come la definizione degli obiettivi dell’ISIS in Iraq.
Questo piano appare evidente, dopo l’estensiva inondazione causata dalla deliberata chiusura della diga Nuaimiyah nell’ovest di Baghdad.
Ma questa non è la prima volta che l’acqua è stata usata come un’arma nella “fertile mezzaluna” alla convergenza dei fiumi Tigri ed Eufrate. Saddam Hussein ebbe come obiettivo le risorse idriche durante la guerra Iran – Iraq e la sua oppressione per i Maʻdān (معدان) – abitanti dei terreni paludosi del Tigri e dell’Eufrate nel sud e nell’est dell’Iraq e lungo la frontiera iraniana – durante gli anni ’90 centrata sul drenaggio di 6,000 km² di terreno acquitrinoso, distruggendo un’economia di sussistenza vecchia forse di 10,000 anni. Secondo l’ingegnere Azzam Alwash, premio ambientale Goldam del 2013 per il suo lavoro post – 2003 per ristabilire i terreni paludosi, era una guerra “con altri mezzi”.
L’uso tattico di rifornimenti d’acqua in guerra risale ad almeno quanto la civilizzazione stessa. Limitare ed esaurire I rifornimenti d’acqua è stato usato come un’arma d’assedio nel corso della storia.
Un esperto di politiche delle risorse idriche nel Medio Oriente, Mark Zeitoun ha sviluppato una teoria sull’ “idro – egemonia” in cui il controllo dei rifornimenti d’acqua è una componente intrinseca delle relazioni ineguali di potere. In quest’ottica, l’acqua è una parte integrante di tutti i tipi di conflitti, dall’antagonismo culturale all’aggressione militare. Ne segue che come la domanda globale di acqua cresce le aree che già fanno esperienza di stress d’acqua soffrono di più per cambiamenti imprevedibili del clima, quindi l’importanza delle tensioni sulle risorse idriche ad ogni livello crescerà proporzionalmente.
L’acqua è il cuore di molti conflitti nel mondo, sia che siano tra nazioni come l’Egitto e l’Etiopia, dove le tensioni diplomatiche sono alte, che siano tra le comunità del mondo in via di sviluppo e le imprese multinazionali come la Coca Cola in India, o tra regioni, tra paesi nell’occidente come gli Stati uniti dove vari stati sono coinvolti in battaglie legali sul rio Grande.
L’ISIS e l’arma delle risorse idriche
I militanti dell’ISIS, oltre alla diga Nuaimiyah, hanno sprangato 8 chiuse della diga di Fallujah che controllano il flusso del fiume, sommergendo d’acqua i terreni fino al fiume Eufrate e riducendo i livelli d’acqua nelle province del sud da dove passa il fiume. Molte famiglie sono state forzate ad andare via dalle loro case. I militanti dell’ISIS riaprirono 5 delle chiuse, temendo che la loro strategia potesse ritorcersi contro.
Sebbene l’ISIS non abbia dimostrato la capacità di operare da un punto di vista tecnologico nelle strutture idriche, l’organizzazione continua a perseguire il controllo delle dighe e dei sistemi idrici in Iraq e in Siria, che se acquisiti e adeguatamente mantenuti possono parzialmente legittimare il loro governo o alternativamente essere sfruttati come arma.
Istituzionalizzare la gestione delle risorse idriche e dei sistemi è un mezzo realistico per l’ISIS per espandere le sue fonti di finanziamento. Diversamente dalla produzione di petrolio dello “stato islamico”, che (illegalmente) opera nel mercato globale, l’acqua è un bene regionale che è grandemente dipendente dall’operatività di dighe idroelettriche locali. Per lo stato islamico queste dighe sono le più importanti locazioni strategiche nel paese.
L’ISIS ha iniziato a controllare le infrastrutture idriche nel 2013 con l’occupazione della Diga Tabqa, la più grande diga idroelettrica siriana che fornisce elettricità anche alla città di Aleppo. Durante l’invasione di Fallujah, l’ISIS effettivamente ha impiegato le vicine dighe,canali e bacini come armi, negando l’acqua ad aeree al di fuori del suo territorio. L’ISIS ha utilizzato la forza distruttrice dell’inondazione anche quando ha chiuso la diga di Thathar vicino Fallujah. L’ISIS riaprì almeno una delle chiuse della diga per inondare le aree limitrofe un attacco che uccise 127 soldati iracheni. Nella città dell’est della Siria, Raqqa, lo stato islamico ha esaurito le riserve d’acqua e distrutto le reti di distribuzione, forzando i residenti a contare su risorse idriche non trattate e dando vita alla diffusione di malattie trasmesse attraverso l’acqua, come l’epatite A e la febbre tifoidea.
Il comportamento dell’organizzazione in Fallujah, Raqqa e Mosul ci indica che lo stato islamico non possiede le risorse che servono per impiegare il soft power della governance attraverso la gestione delle infrastrutture tecnologiche della regione. Diversamente dalle comuni forme di finanziamento dell’ISIS, la ricchezza acquisita dal controllo e comando delle risorse come il petrolio o l’acqua ha bisogno di una pianificazione contingente sulle infrastrutture e di una forza lavoro molto qualificata. La supervisione delle dighe richiede un set di alta specializzazione di cui non c’è indicazione che l’ISIS le possieda.
Sfortunatamente, l’insicurezza delle risorse idriche si diffonde al di là dell’Iraq e della Siria, verso la Giordania. I rifugiati siriani ed iracheni si stanno radunando in una delle zone più stressate a livello di risorse idriche nel Medio Oriente, la regione ora perde acqua al secondo tasso più veloce del mondo. La Giordania che ha visto l’influsso di 750,000 rifugiati siriani e 60,000 rifugiati iracheni, sta esaurendo i suoi rifornimenti d’acqua di tre volte il tasso di ricarica, affrontando estreme siccità sistemando 3,000 nuovi rifugiati al giorno. Se l’ISIS diventa vincente nel governo delle infrastrutture, i rifugiati possono essere costretti a tornare a casa dove ci sono fonti idriche su cui possono contare e simpatizzare per l’ISIS, similmente alla crescente simpatia per lo “stato” islamico nella popolazione di Yarmouk in Siria, che ha sofferto delle tattiche estreme di Assad che erano il risultato di carenze di cibo ed acqua.