Siria: un conflitto senza fine? (dimenticato)
Ve la ricordate la guerra civile in Siria? Avete più letto o ascoltato notizie da questo – bellissimo – Paese?
La guerra civile siriana ha decimato la Siria per 9 anni e ora pare che il conflitto stia inesorabilmente volgendo ad una conclusione.
Il Presidente Bashar al-Assad, con l’aiuto dell’Iran e della Russia, sembra essere emerso militarmente vittorioso dal conflitto.
La crisi in Siria è veramente finita?
La guerra civile siriana che ha decimato il Paese per nove anni, provocando una crisi umanitaria regionale e attirando attori dagli Stati Uniti alla Russia, pare che stia inesorabilmente volgendo ad una conclusione.
Il presidente Bashar al-Assad con il sostegno dell’Iran e della Russia, sembra essere emerso militarmente vittorioso dal conflitto iniziato dopo che il suo governo ha represso
violentemente le proteste nel 2011. La ribellione armata che ne è seguita presto si è trasformata ina guerra proxy globale e regionale che, al punto più alto dei combattimenti, vedeva i gruppi estremisti islamici prendere il controllo di vaste porzioni del Paese, solo per perderle poi a seguito delle contro-offensive sostenute dalle forze pro-governative e dagli eserciti occidentali capeggiati dagli Stati Uniti.
Il combattimento non è ancora totalmente concluso, con la regione nord-occidentale di Idlib che resta al di fuori del controllo governativo. Agli inizi del 2020, l’operazione dell’esercito siriano sostenuto dai russi per riprendere Idlib da ciò che rimaneva dei gruppi di opposizione armati concentrati lì, si è scontrata con le forze turche che erano state dispiegate per proteggere le milizie di Ankara. Gli scontri sono stati un vero e proprio promemoria: il conflitto, sebbene sembrasse nelle sue fasi finali, potrebbe ancora intensificarsi in una conflagrazione regionale. Anche la situazione nel nord est resta volatile a seguito della rimozione delle forze americane dalla frontiera con la Turchia, con le forze turche, siriane, russe, tutte ora dispiegate nella Regione, unitamente ai proxy e alle milizie curdo-siriane.
Il ritorno ai combattimenti di alta-intensità ad Idlib ha creato un’altra crisi umanitaria, inviando ondate di rifugiati verso la frontiera turca e aggiungendo alla guerra un già sconcertante costo umanitario. Si stima che il numero dei morti sia di 400,000 persone, ma potrebbe essere, in realtà, molto più alto.
In vari punti del conflitto, più della metà della popolazione del Paese è stata dislocata: 5,6 milioni di persone hanno lasciato la Siria dal momento che è iniziata la guerra, stabilendo una considerevole tensione nei Paesi confinanti così come in Europa. Anche se il conflitto diminuisce, non è chiaro quando o se saranno in grado di tornare.
Quando alla fine il combattimento arriverà ad una fine, Assad dovrà affrontare la sfida di ricostruire il Paese, incluso le aree dove presumibilmente ha impiegato le armi chimiche contro i suoi stessi cittadini.
La questione di chi paga il conto rimane aperta.
Trump è stato sempre entusiasta di distanziare gli Stati Uniti dalla situazione in Siria, i Paesi europei detestano lavorare con Assad, Mosca è improbabile che si faccia carico della ricostruzione che le Nazioni Unite hanno stimato ammontare a circa 250 miliardi di dollari.
Potenze esterne e coalizioni
La Siria inizia a sbiadirsi dall’agenda internazionale. Sebbene la Russia e la Turchia restino attivamente impegnate, l’interesse è in calo tra altri attori, incluso gli Stati Uniti – un cambiamento marcato, istrionico, rispetto alle prime fasi del conflitto, quando la Siria è servita come campo di battaglia proxy, allo stesso modo, per potenze locali e globali. Mosca non appare interessata a cedere la sua influenza, sebbene non sia chiaro quanta il Cremlino ne abbia su Assad.
La pandemia da covid-19 ed il conseguente crollo economico dominano i mezzi di comunicazione e la guerra civile in Siria è svanita nell’oscurità dell’informazione.
Pur tuttavia cattive notizie che provengono proprio dalla Siria giustificano l’attenzione mondiale.
L’operazione militare turca nella provincia nordoccidentale della Siria: Idlib, rischia un conflitto con la Russia, protegge i ribelli estremisti violenti islamici e prolunga la guerra civile, tutto a spese dei civili turchi che rivendicano di proteggere. Nel frattempo, l’accordo di cessate-il-fuoco limitato che Ankara ha recentemente negoziato con Mosca ritarda soltanto un ulteriore spargimento di sangue.
Gli Stati Uniti non hanno interessi di sicurezza in gioco in Siria, invece di sostenere la Turchia e quindi prolungare la guerra, Washington dovrebbe utilizzare l’influenza diplomatica con il presidente Erdogan ed il suo governo per indurlo ad un accordo che blocchi ciò che resta dei gruppi estremisti violenti islamici in Siria, prevenendo un ulteriore intensificazione militare e limitando la violenza contro i civili.
Il curriculum turco in Siria non è promettente. Ha sostenuto i ribelli anti-Assad almeno fin dall’inizio della guerra civile, ma queste milizie sono state gradualmente respinte dalle forze governative siriane, rendendo Idlib uno degli avamposti ribelli residui in Siria.
Secondo i termini di un accordo di cessate-il-fuoco del 2018 con la Russia, la Turchia doveva assicurare una “zona di diminuzione del conflitto” a Idlib, dove i soldati turchi avrebbero vietato l’accesso ad armi pesanti e ai militanti estremisti e fatto in modo che i ribelli riaprissero le principali arterie stradali nell’area. Quasi niente di tutto ciò è accaduto. La Turchia ha permesso ad un ramo di Al Qaeda, Hayat Tahir al-Sham di consolidare il controllo sui gruppi ribelli in questa zona.
Lo scorso dicembre, le forze siriane, sostenute dalla potenza aerea russa, hanno lanciato un’offensiva nella zona di diminuzione del conflitto a Idlib, circondando diversi posti di osservazione turchi. Gli sforzi della Turchia di rafforzare le sue posizioni hanno condotto ad un combattimento diretto tra le truppe siriane e turche.
Gli alleati Nato di Erdogan hanno esitato a concedere un più grande sostegno per la sua invasione della Siria, così il Presidente turco ha iniziato a spingere i rifugiati siriani nella vicina Grecia nel tentativo di apporre una maggiore pressione sui leader europei.
A marzo di quest’anno, Erdogan ottiene un nuovo accordo di cessate-il-fuoco con la Russia che ha permesso alle forze siriane di mantenere il territorio “riconquistato”, cede effettivamente lo spazio aereo su Idlib a Mosca e crea una nuova zona di diminuzione del conflitto pattugliata da soldati russi e turchi.
La storia ci suggerisce che i cessate-il-fuoco non durano. La determinazione di Assad a riprendersi Idlib non è diminuita e, né il suo governo, né i suoi sostenitori a Mosca e a Teheran tollereranno una presenza sunnita estremista di lungo periodo che minaccia l’unità della Siria.
Le operazioni militari turche in Siria rischiano un conflitto con la Russia, proteggono i ribelli estremisti islamici e prolungano la guerra civile, tutto a spese degli stessi civili che Ankara rivendica di proteggere.